Scritto da: admin 28 Febbraio 2014 categorie: Salute gemmoderivati tisane

Introduzione alla conoscenza e all’uso degli estratti embrionali giovanili delle piante officinali
Breve storia dei gemmoterapici
L’introduzione dei derivati delle gemme e, più in generale, degli estratti ottenuti da tessuti giovanili vegetali, si deve al genio ed all’intuizione del medico e biologo belga Pol Henry. Si tratta non di una branca specifica della fitoterapia ma di una vera e propria disciplina avente le sue caratteristiche e peculiarità.

I tessuti embrionali vegetali, infatti, presentano caratteristiche del tutto particolari se paragonati a tessuti adulti; intanto, bisogna far notare come le cellule giovani hanno la caratteristica di essere le uniche in grado di dare sviluppo alla pianta adulta contenendo in se tutte le informazioni necessarie alla successiva differenziazione di apparati morfologicamente e funzionalmente diversi (apparato foliare, radicale, tessuto lignificato ecc). E’ noto e sperimentalmente dimostrato che un’unica cellula vegetale embrionale (detta cellula meristematica e meristema il tessuto che la contiene) può ricreare l’intero vegetale adulto. Inoltre, la cellula giovane si presenta priva di vacuolo (presente solo nella cellula adulta), ha un elevato rapporto nucleoplasmatico (cioè il contenuto di citoplasma rispetto al nucleo è molto più elevato che non nella cellula adulta), presenta un’elevata concentrazione di DNA e RNA, enzimi, protidi e tutti i fattori necessari alla crescita dell’individuo vegetale inclusi i fitormoni (cinetine, giberelline). Queste straordinarie caratteristiche portarono Pol Henry a concentrare la sua attenzione sulle supposte, e successivamente verificate, proprietà terapeutiche delle cellule embrionali vegetali. In altre parole, egli suppose che in qualche modo il tessuto giovanile vegetale racchiudesse in sé tutte le potenzialità della pianta più e meglio del tessuto adulto differenziato. Per usare le sue stesse parole: “la gemmoterapia è un sistema terapeutico basato sull’energia potenziale dei vegetali”.

Va detto subito che il ragionamento di Pol Henry fu di tipo analogico e prese le mosse da molto lontano. Dalla constatazione cioè che i vegetali per primi hanno colonizzato il pianeta  rendendo possibile lo sviluppo della vita sulla terraferma. In principio infatti l’atmosfera terrestre era assolutamente irrespirabile essendo composta prevalentemente di metano, ammoniaca, acqua ed idrogeno, tutti sottoposti a decomposizione ad opera delle radiazioni ultraviolette della luce solare non filtrata mancando ancora la stratosfera. Diversa la situazione nell’ambiente marino dove, come dimostrato da Miller in un celebre esperimento datato ormai 1935, a quelle condizioni di calore ed elettricità (numerosissimi i fulmini) spontaneamente si crearono i primi agglomerati di materiale organico tra cui aminoacidi e successivamente proteine. Così la vita si affacciò nell’ambiente acquatico marino sotto forma di protobatteri ed altre simili strutture primordiali viventi. L’evoluzione successiva portò alla formazione delle prime alghe unicellulari che rappresentarono la condizione sine qua non per lo sviluppo successivo della vita sulle terre emerse. Infatti, la capacità di produrre ossigeno per via fotosintetica, ha vieppiù arricchito l’acqua di ossigeno e quindi, data la bassa solubilità dell’ossigeno molecolare, l’atmosfera di questa molecola che, sotto la spinta delle radiazioni ultraviolette stesse, si trasformò in ozono e gettò pertanto le premesse per la formazione di quel potente filtro anti UV che è la stratosfera odierna (sempreché avremo il buonsenso di lasciarla un po’ in pace). Pertanto, se non fossero apparsi i vegetali la vita come oggi la conosciamo non sarebbe mai stata possibile.

Qualcosa di simile avvenne anche, molti milioni di anni dopo, sulla superficie terrestre, quando le prime piante a fusto come le Cordaites, oggi scomparse, mossero i primi passi di adattamento alla vita terrestre e, dopo molti passaggi evolutivi, alla comparsa delle prime gimnosperme, le conifere, e successivamente alla comparsa delle altre specie vegetali.

Tale e tanta è la nostra dipendenza dal regno vegetale che possiamo affermare senza tema di smentita che, mentre noi abbiamo bisogno delle piante per sopravvivere, le piante non hanno alcun bisogno di noi. Ancora oggi l’ossigeno necessario per la respirazione ci è fornito dalle piante e tra queste principalmente dagli alberi, che sono il più straordinario e potente trasformatore di energia fisica, la luce solare, in energia chimica, quella necessaria per tutte le sintesi di materiale organico a partire da materiale inorganico. Tutto questo è garantito dai processi fotosintetici che si svolgono nelle piante verdi grazie alla clorofilla (straordinariamente simile per altro per struttura all’eme dell’emoglobina del sangue, e alla cianocobalamina o vitamina B12, come dire il trasporto dell'energia solare è garantito sostanzialmente dalla stessa molecola). La nostra dipendenza dall’albero è testimoniata anche dal profondo significato religioso e simbolico che l’uomo gli ha dato. Il suo levarsi verso il cielo, abbinato al suo profondo radicamento, rappresenta il tratto d’unione tra mondo reale e mondo surreale, aldiquà ed aldilà, mondo essoterico e mondo esoterico, vita e morte. Gli esempi mitologici che testimoniano di quest’antichissima venerazione dell’uomo per l’albero non mancano e non fanno altro che rafforzare nel nostro immaginario l’importanza e la dipendenza che abbiamo nei confronti di questi vegetali.

Ben consapevole di tutto questo Pol Henry iniziò uno studio sistematico della foresta per cercare di trovare conferme della sua intuizione che nei tessuti giovanili vegetali in generale, ed in quelli degli alberi e degli arbusti più in particolare, dovessero nascondersi preziosissimi strumenti terapeutici. Ragionando in termini analogici, cioè cercando analogie tra il percorso evolutivo della vita sul pianeta e l’evoluzione delle foreste da un lato, e le modificazioni di ben precisi parametri ematici, in particolare delle modificazioni del quadro proteico del plasma,pensava si trovasse la chiave per la scoperta di rimedi capaci di agire in modo profondo e a livello cellulare in modo dolce e definitivo.

In altre parole, studiando l’evoluzione delle foreste dalla tundra settentrionale fino alla macchia mediterranea (resta esclusa dai suoi studi la foresta pluviale), catalogando le specie vegetali che abitano i diversi ambienti, mettendoli in relazione con le fasi evolutive della malattia, costruì un sistema terapeutico completo che per la prima volta nella storia poneva al centro non già le manifestazioni esteriori della malattia ma le sue modificazioni profonde; siamo negli anni ’50 quando Henry cominciò a pubblicare i suoi primi lavori attorno alla gemmoterapia e da allora ad oggi l’entusiasmo che si è sviluppato nei troppo ristretti circoli di cultori della medicina naturale in generale e vegetale in particolare non solo non è andato scemando ma si è accresciuto arricchendosi di nuove gemme, nuovi campi di utilizzo e nuove prospettive. Tutto ciò ci fa dire che la gemmoterapia rappresenta, a nostro giudizio, la nuova frontiera che l’uomo ha dinanzi a sé per progredire veramente nel campo della medicina. Come lo stesso Henry scrisse, infatti, “non si guarisce senza rispettare la nozione dell’evoluzione nella quale l’uomo attuale trova la sua origine nel comportamento della prima cellula, nel comportamento dei metazoi, nella vita marina degli invertebrati, dei pesci e poi nella vita all’aria dei vertebrati. Una struttura estremamente complessa come quella dell’uomo attuale è stata elaborata 600 milioni di anni fa in un ambiente marino di cui noi manteniamo il ricordo ionico”.  I più grandi trasformatori ambientali sono gli alberi, e, all’interno di essi, i loro tessuti giovanili cioè le cellule meristematiche. Allo stesso modo, se si vuole raggiungere una guarigione profonda a livello cellulare si devono utilizzare non già i tessuti adulti  differenziati ma le cellule giovani, contenenti tutta quell’energia potenziale della quale l’uomo ha bisogno per guarire veramente e non per sopprimere questo o quel sintomo. Non che Pol Henry disdegnasse completamente l’uso di tessuti adulti, semplicemente li considerava complementari ai tessuti giovanili secondo schemi rigorosi dei quali parleremo in seguito. Va detto a scanso di equivoci che la gemmoterapia non è solo una branca della fitoterapia ma una disciplina a se stante, con le sue regole e i suoi presupposti scientifici.

 

Cos’è un gemmoterapico

 

Come già detto i gemmoterapici sono derivati di tessuti giovanili vegetali in accrescimento, noti in biologia come meristemi; perciò, non solo le gemme delle piante entrano a far parte delle materie prime disponibili per il fitopreparatore che volesse cimentarsi della produzione di questi rimedi. Anche giovani radici, giovani getti, amenti entrano a pieno titolo nella gemmoterapia moderna. La caratteristica comune che deve avere la materia prima di partenza è comunque quella di appartenere ad un meristema con alcune significative eccezioni. Per questo, alcuni autori hanno suggerito di sostituire al termine gemmoterapia, troppo esclusivo non includendo derivati diversi dalle gemme e che inoltre si presta ad equivoci potendosi intendere per gemme le pietre preziose, con quello di meristemoterapia, più preciso e meno equivocabile. Tuttavia, a tutt’oggi, il termine più in voga è quello di gemmoterapia coniato per altro dallo stesso Pol Henry. Questi rimedi si ottengono a partire da materiale fresco, pulito e triturato; viene quindi messo a macerare per 4-5 giorni in contenitori impenetrabili alla luce in alcool a 90°. Successivamente si aggiunge unha miscela di acqua e glicerina in rapporto di 1:1 fino ad ottenere un prodotto finale che corrisponda a 20 volte il peso secco della materia prima di partenza. In altre parole, il rapporto droga solvente deve essere di 1:20. Questa nuova soluzione deve macerare per altre 3 settimane dopodiché si procede a decantazione e poi filtrazione. Si spreme il residuo, si riunisce il prodotto della spremitura con quello della filtrazione e si lascia il tutto a riposo per altre 48 ore. La soluzione così ottenuta è il macerato glicerico di base. Questo poi viene diluito alla prima decimale per tutti i gemmoderivati con la sola eccezione di Viscum album che è diluito alla prima centesimale.

A questo punto il gemmoderivato è pronto per il suo utilizzo e costituisce il prodotto di base nel sistema terapeutico di Pol Henry.

Nei prossimi articoli tratteremo in dettaglio la gemmoterapia dapprima secondo quella che  Henry stesso chiamò la sindrome biologica sperimentale e successivamente passeremo in rassegna altri sistemi e modalità d’impiego di questi preziosissimi rimedi.

 

(1-continua)

 

Paolo Ospici

 

Bibliografia:

F. Piterà “Compendio di gemmoterapia clinica – Meristemoterapia” De Ferrari editore

P. Henry “Gemmoterapia” Giuseppe Maria Ricchiuto editore

 

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