Scritto da: admin 02 Settembre 2014 categorie: Erboristeria Tradizionale medicina popolare tradizione influenza antichi

di Eleonora Zilli:

Scoprire storie lontane, di persone speciali, carismatiche, attente osservatrici immerse completamente nel proprio contesto, è un’emozione. Oggi si è portati, purtroppo, a considerarsi come estranei alla Natura, spettatori di fenomeni staccati dalla propria esistenza. Invece questa storia mi fa pensare che un tempo, in assenza di fortuna e benessere, ci si sentiva più Creature di un Tutto con cui dialogare. Quando la preghiera si mescolava alla preparazione di una medicina e la ritualità aveva un senso mistico molto potente.

La vita di Giuseppa Bazzucchi, detta Peppa del Bartolo, è la storia di una donna forte, energica e sola. Ma non nell’accezione di “senza compagnia”, bensì di indipendente e piena di vita.

Massimiliano Dragoni, suo nipote, musicista e filosofo, ha raccolto in un bellissimo libro, ricordi, racconti e testimonianze sulla vita dura ed intensa di Peppa, “accademicamente analfabeta, ma dalla cultura genuina e dalla lucidità invidiabile”1.

Vissuta tra le montagne, tra Gualdo Tadino e Assisi, “borista appenninica, Giuseppa Bazzucchi”. E’ da ricordare che, ai tempi, il medico raggiungeva difficilmente e sporadicamente la montagna, per cui nella comunità spiccavano figure sciamaniche e dedite alla medicina popolare. Tra l’altro Peppa si occupava dei parti in casa.

Ogni anno tra la metà del mese di settembre e i primi dieci giorni di ottobre, avveniva la preparazione della suddetta pomata: la pomata del poro Checcaccio, come Peppa la chiamava.

“Quando in casa si procedeva alla preparazione, nonna non amava né confusione né tanto meno domande inopportune, tutto doveva procedere secondo un rituale semi alchemico, che lei conduceva con maestria”. Ed ecco la ricetta originale in dialetto, da una registrazione:

Pe fa la medicina tocca pià el sambuco ‘lla pè settembre, tocca scartoccià el sambuco e arcapà le foje e la scorsa. Quando che l’è scartocciato, ‘l mette ‘nto na busta de plastica, e doppo ‘nto la mattera. Quando che se ‘ncomincia a fracià, el cave. Doppo serve l’olio d’uliva, l’olio bono, el mele e la cera d’ape. Prima fè bollì l’olio col sambuco, la cera e tre cucchiaie de mele, quando che l’è bollito spigne el foco e prepare ‘n pentolino coll’acqua ghiaccia. Arcape el sambuco e butte tutto n’to l’acqua, la lave, cave l’acqua e ce l’armette; ce fè nove volte.2



“Perché nove volte? Perché tre volte tre? Il nove è il numero ottenibile sommando tre volte il numero perfetto tre, numero dall’alone mitico, divino per la religione cristiana e magico in epoca arcaico-greca. Numero ottenibile allo stesso modo moltiplicando il numero tre per se stesso, la perfezione moltiplicata per la perfezione stessa. E’ il numero che per la religione cristiana dimostra l’essenza stessa della perfezione divina: ternari signat misteria trinitas.”

“Durante il lavaggio, Giuseppa parlava una lingua a dir poco incomprensibile, prima di tutto a causa del volume, molto tenue, in secondo luogo, perché si trattava di una sorta di nenia in latino.[…]ogni volta mi spiegava che ognuno dei “dottori” aveva la sua versione per accompagnare le ultime fasi della ricetta.”

Impiegata per le infiammazioni alla gola, punture d’insetto, acne, problemi cutanei dei piedi, emorroidi, ferite ed infezioni, la pomata del Checcaccio fortunatamente è giunta fino a noi grazie a persone come Massimiliano Dragoni che, come gli erboristi tradizionali, vedono e cercano nel passato una fonte preziosa di conoscenza, d’ispirazione e continuità con il presente.

1 Tutte le citazioni da: Massimiliano Dragoni, La Pomata de Checcaccio, Era Nuova, 2008

2 Per la preparazione della medicina, occorre raccogliere del sambuco in settembre; bisogna separare la corteccia e metterla, insieme ad alcune foglie, in una busta, meglio se di plastica, e conservarla in una dispensa. Nel momento in cui il sambuco inizia la fase della macerazione è pronto all’uso. Occorre procurarsi dell’olio d’oliva, olio extra-vergine, del miele e della cera d’api. Prima si fa bollire l’olio con il sambuco, la cera e tre cucchiai di miele; una volta bollito si spenge la fiamma e si prepara un altro pentolino con dell’acqua a temperatura ambiente. Si versa il contenuto del pentolino, nel recipiente con l’acqua, filtrando il sambuco, si lava il contenuto formatosi - che sarà piuttosto solido, dato il contrasto delle differenti temperature – si toglie l’acqua; si ripete l’operazione nove volte.

Eleonora Zilli

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