Scritto da: admin 28 Febbraio 2014 categorie: Erboristeria Tradizionale tradizione Lina Suglia

DA LUIGI GIANNELLI – 18/12/2013

PUBBLICATO SULLA RIVISTA “PER LA VAL D’ORCIA”

Sicuramente, tra le piante erbacee, l’Iperico è una delle piante che gode del massimo prestigio! Inoltre, nella Val d’ Orcia è pianta frequente e comune, tutti gli anni si trova ed ha meravigliose proprietà; a volte è meno comune a volte occupa interi ettari, se lasciati incolti.

In verità l’abbiamo già citata in relazione ad un preparato che richiedeva anche l’uso delle “borse” dell' Olmo. Ma è giusto dedicarle lo spazio che merita, visto che è pianta largamente usata sia nella tradizione popolare sia nella moderna Erboristeria.

Dioscoride, il medico delle legioni del I° secolo d.C., nella sua “Materia Medica” (ovvero la raccolta di rimedi singoli ed alcuni preparati più grande dell’ area mediterranea antica), cita l’ Iperico nel III° Libro dell’opera, in ben quattro capitoli (dal 165° al 168° - vers. Mattioli); questo perché di questa pianta ne vengono riconosciute più specie e più varietà; a nostro modesto parere, alla fine, se è vero che a seconda delle zone e delle aree geoclimatiche si possono trovare varietà e specie molto affini tra di loro del genere “Hypericum”, tutte aventi le stesse proprietà.

Passiamo al testo (che riportiamo nella versione del XVI° secolo del Mattioli, con piccole varianti per la migliore comprensione del testo):

<< Cap. 165° -  Dell’ Hiperico. Chiamano alcuni l’ Hiperico androsemo mezzo litro (540 ml) e l’Acqua Melata era preparata bollendo insieme uno o più litri di acqua con un litro di miele, fino a tornare – evaporando l’acqua a un litro], alle sciatiche; perciò scioglie gli Umori Cholerici [vale a dire biliari], ma bisogna continuare a beverlo fino a perfetta salute. Anche esso si applica utilmente come empiastro sulle ustioni da fuoco >>.

<< Cap. 167° - Dell’ Androsemo. L’ Androsemo è diverso sia dall’ Hiperico che dall’Asciro, poiché cresce con rami duri & legnosi, & sottili, & rosseggianti fusti; & le sue foglie sono tre o quattro volte più grandi di quelle della Ruta, le quali quando si tritano, rendono un liquido simile al Vino [rosso!]. Sono nella sommità dei fusti assai concavità di ali [vuol dire che le foglie, unite due a due, formano verso il fusto o il ramo una concavità], dalle quali escono alcuni ramoscelli a forma di penna, attorno ai quali sono i fiori gialli, & piccoli. Serrasi il suo seme puntato di più linee in frutti a forma di vasetto, simile al quello del Papavero Nero. Le chiome triturate, spirano odore resinoso. Il seme bevuto al peso di due dracme [8-9 gr circa], solve gli Humori Cholerici [Biliari] del corpo; sana le sciatiche, ma occorre dopo la purga, bere un po’ d’acqua. L’ erba applicata come

empiastro cura le ustioni da fuoco e ristagna il sangue >>.

<< Cap. 168° - Del Cori. Il Cori il quale chiamano alcuni Hiperico, che produce le foglie simile all’ Erica, rosse, più grasse, & più piccole, non più alta di una spanna, d’odore aggradevole a acuto. Il seme bevuto provoca i mestrui, & l’orina. Preso con Vino, giova ai morsi di quei ragni che chiamano “Falangi” [ragno comune, di specie diverse e diverse dimensioni, che si trova dall’ area mediterranea fino all’Africa, dove si trovano esemplari molto grandi; in realtà non è particolarmente velenoso], alle sciatiche, ed allo spasimo detto “opisthotono”. Si applica come unzione sul corpo con Pepe, nei rigori [tremiti] che precedono le febbri, ed all’ “opisthotono” utilmente con olio.>>.

L’ opistotono è una caratteristica tensione-spastica, di varia origine o traumatica o da avvelenamento o da infezione da tetano o altro, che provoca la piegatura della colonna vertebrale (tutta), all’indietro, tenendo chi la soffre nella tipica posizione “ponte”; esiste un quadro di Sir Charles Bell, che mostra un ammalato di tetano con opitostono (il quadro è del 1809 ed è “fotografico”).

Galeno, il medico di Marco Aurelio (rimase a corte fino alla morte, ai tempi di Settimio Severo, dato che morì circa a 82 anni, in barba a chi dice che al tempo dei Romani la gente viveva meno di 40 anni. Al solito dipende chi; ancor oggi ci sono popoli poverissimi, dove le malattie, la malnutrizione, la fatica fisica estrema non consentono di essere longevi; la longevità è dovuta a fattori sociali, non di “epoca”), parla dell’ Iperico nel VIII° Libro del suo “Le virtù dei semplici medicamenti” (semplici intesi come “ingredienti di medicamenti complessi”):

<< L’ Iperico scalda e dissecca, è composto di così sottili parti, che provoca i mestrui e l’orina; per avere questi effetti non basta assumere il seme solamente, ma tutto il frutto [ovvero il fiore maturato]; questo applicato come empiastro da fresco, non solo cicatrizza le ferite e le ulcerazioni, ma anche le ustioni da fuoco. Essiccato e ridotto in polvere e applicato alle ulcerazioni purulente e umide, le sana. Alcuni lo danno per la sciatica >>. Poi anche Galeno fa riferimento ad Asciro ed Androsemo, che considera varietà dell’Iperico, con proprietà analoghe a quelle che dice Dioscoride, non nomina il Cori, ma dice che l’Iperico è chiamato anche “Dionisio”. Fa una interessante aggiunta << Il decotto fatto nel Vino è cura valorosa per le ferite grandi >>.

Insomma, sia Dioscoride che Galeno, riconoscono che esistono varietà della stessa pianta, e che hanno più o meno le stesse proprietà; Galeno è più sintetico, ma molto più preciso.

In effetti, fin dall’antichità sono riconosciute all’Iperico tre grandi attività: 1 – quella su ferite, ulcerazioni e contro le ustioni da fuoco; 2 – quella sull’apparato neuro-articolare, in particolare per la sciatica; 3 – una azione neurologica centrale (tremori ed opistotono). Oggi gli è riconosciuta l’azione antidepressiva; se gli antichi non l’hanno rilevata, è perché il tipo di depressione (malattia da sempre riconosciuta, raccontata con parole diverse) nel mondo antico, si esprimeva in modi diversi ed  era curata con le piante cordiali, come la Rosa, la Viola, la Borragine.

Dalla tarda romanità in poi, emerge la preparazione dell’ estratto oleoso di Iperico, quello che si usa fare triturando le sommità fiorite, miste a fiori già “maturati” in frutti, e ponendole a macerare in olio vegetale, esponendo i vasi di vetro al Sole per una decina di giorni e poi lasciare macerare il tutto al buio. Un tempo si metteva del Vino bianco insieme, che poi veniva fatto bollire e evaporare, così si accentuava il processo di estrazione e si sterilizzava la massa olio-pianta. Poi il tutto veniva fatto scolare e spremuto, separate le ultime tracce di residuo acquoso. Chi scrive ha usato un’altra tecnica: alla pianta fresca triturata, aggiunge del Sale, che blocca tutti gli eventuali processi degradativi; dopo esposizione  al Sole, macerazione successiva, poi scolatura, pressatura, filtrazione accurata, si ottiene un oleolito di Iperico di grande potenza.

Ma potenza per fare cosa? Ebbene l’oleolito di Iperico è straordinariamente efficace per la cura delle ustioni da fuoco, come dicevano gli antichi, per le ulcerazioni torpide, per le piaghe da decubito, per le ferite in generale. Utile metterlo anche negli oli per i massaggi per i dolori nevritici e articolari.

Invece, oggi, per uso interno l’ Iperico è usato solo come antidepressivo.

Ma guardiamolo anche con una visione moderna; cosa contiene?

Contiene: olio essenziale (a sua volta composto in prevalenza di metilottano, metildecano, nonano, andecano, a e b-pinene, limonene, mircene, cariofillene, decanale, ottanale, a-terpineolo, geraniolo) flavonoidi (iperina, rutina, quercetina), diantroni (ipericina, emodinantrolo), tannini, fitosteroli, acidi organici, furanocumarine.

Azioni accertate oggi: per uso esterno – antiinfiammatoria, cicatrizzante, antiustioni e antipiaghe da decubito. Per massaggi antireumatici.

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